Vivere l'analessi enologica - Colonnara

Scoprire la storia attraverso la memoria olfattiva e gustativa. Con un racconto che parte dal 1991 e, carico di minerali e valori, ci proietta al 2018.

Questa è stata la mia prima esperienza di analessi enologica. Prima in ogni senso. Come in un film, dove la scena finale diventa frame iniziale ed il regista gioca con la tua capacità di comprendere, lungo il racconto del passato, l’evoluzione della narrazione.

In questo caso siamo in una cantina, il flashback è firmato Colonnara. Siamo nel territorio della DOC del Verdicchio di Jesi e i registi sono Daniela Sorana e Massimiliano Latini.

E’ domenica, il luogo è Cupramontana, capitale del Verdicchio di Jesi. Siamo in una giornata agostana caldissima, in viaggio verso l’Abruzzo. Un caldo torbido spezzato solo dagli attimi di visita nella cantina sotterranea, in un tour guidato da Massimiliano in persona che rappresenta una cantina cooperativa con più di 100 soci.

Mi stupisce al naso, il Cuprese giovincello perché sa già il fatto suo ed in bocca non delude. Mantiene le promesse e continua il suo racconto di terra, di salinità. Giovane ma motivato e caparbio. Il protagonista vero di questo film sarebbe il Verdicchio Cuprese 1991 di cui Massimiliano annuncia un assaggio nei primi due minuti di visita, come un frame al rovescio.

Era il 1991, quando fu presentato al mercato questo vino e doveva essere più o meno come il giovane 2018 che abbiamo conosciuto noi oggi.

Non fu un anno tranquillo il 1991. Ricordo che fu l’anno dell’inizio della guerra nel Golfo, anno della prima rete GSM commerciale, anno in cui venne abolita l’apartheid, anno in cui la Slovenia e la Croazia annunciano la propria indipendenza dalla Jugoslavia, anno in cui morì Freddie Mercury.

Degustarlo in questo 2020 - non certo semplice - assume un significato preciso. Sono grata di averlo potuto conoscere, di averne colto la storia e l’evoluzione, di aver immaginato come sarà da grande il Cuprese 2018, di poter immaginare, fra una trentina di anni i miei figli berlo e ricordarlo grazie alla memoria olfattiva che hanno costruito in questa visita.

Forse diventerà altro, evolverà in altre direzioni ma la sua mineralità, ora ancora acerba, si svilupperà per sorreggerlo lungo il suo invecchiamento. Perché, quando una cantina come questa valorizza i propri soci, il loro lavoro, la loro terra, e li fa partecipi di un viaggio importante, non diventa solo un racconto da tramandare, ma soprattutto una testimonianza olfattiva e gustativa indelebile. Per Mark, il Cuprese 1991 era il museo della nonna e la stanza del miele che è collegata al primo con una porta sempre aperta. Un misto di dolce e vecchio. Io ci aggiungo la sorprendente pulizia che ho riscontrato e la sua piacevolissima acidità.

“Senza troppo fumo, con tanto arrosto", per citare Roger Sesto che non finirò mai di ringraziare per la dritta.

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Colonnara 2020

La scalata degustativa.